Testi da leggere - Lo Yoseikan Budo al tempo del Coronavirus


28-05-2020

 

ALLENAMENTO INTERIORE - IL MOVIMENTO

 

Assieme all’alimentazione, il secondo elemento della nostra DIMENSIONE FISICA è il movimento, che deve assolutamente essere in equilibrio con l’alimentazione. Parlare di movimento a praticanti di arti marziale è come parlare di cucina a un cuoco: entrambe le situazioni potrebbero apparire scontate e forse inutili, ma penso che ci sia sempre modo di apprendere qualcosa o, perlomeno, di riportare alla mente qualcosa di cui ci eravamo dimenticati.

 

Innanzitutto il movimento va fatto sempre, per tutta la vita (abbiamo mai provato a considerare quante cose facciamo per tutta la vita?), senza mai sospenderlo per lunghi periodi. Perché? La risposta è molto semplice: perché il nostro corpo è fatto per muoversi, per camminare, correre, piegarsi, spingere, tirare, saltare, flettere, ruotare, girarsi, ecc. ecc.   >>>  (Redatto da Clemente Tommaso)

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INTERVISTA A HIROO MOCHIZUKI A CARINI, IN SICILIA, 04.10.2017

Nota. Il testo sotto si discosta leggermente dalla traduzione letterale fatta nell’intervista, in quanto vuole esprimere al meglio il pensiero sociale, culturale ed etico del M° Hiroo Mochizuki, da lui immesso nello Yoseikan Budo. Il metodo Yoseikan nasce da un lavoro di sintesi, attraverso lo studio di diverse arti marziali (Kobudo, Ken Jitsu, ecc.), realizzato da mio padre Minoru Mochizuki, il quale venne inviato dal suo maestro di Judo, Jigoro Kano, in diversi paesi, per diffondere e ampliare la sua esperienza tecnica nelle arti marziali. Grazie a ciò, mio padre ebbe modo di acquisire un bagaglio tecnico vastissimo, che lo portò a maturare l’idea che questa infinita conoscenza non doveva limitarsi al mondo sportivo delle arti marziali, ma poteva, e doveva, diventare un efficace strumento educativo. Oggi la “Scuola Yoseikan” può essere considerata come un “gruppo di ricerca”, e la nostra idea è di condividere questa nostra conoscenza con tutto il mondo delle arti marziali. La parte fisica non deve limitarsi alle sole tecniche di difesa, ma dev’essere un’attività per migliorare la salute delle persone, oltre che per espandere le relazioni umane. Dev’esserci contatto (l’arte marziale favorisce il contatto). Il contatto è importante, perché realizza l’unione tra le persone. Se non c’è contatto, non c’è vita. La nostra vita ha senso perché la condividiamo con gli altri, e da ciò riceviamo emozione, gioia di vivere intensamente. Se si pensa soltanto ad attaccare, a combattere e a vincere, si rimane soli: si può anche diventare campioni del mondo, ma si resta soli....... continua

 

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IL SALUTO TRADIZIONALE NEL BUDO

Il saluto (REI) ha un grande significato nelle arti del Budo. È l'espressione dei valori di rispetto, cortesia e sincerità, contenuti nel Budo e nell’atteggiamento interiore dei praticanti. La forma di saluto rituale, all’inizio e alla fine di ogni sessione, viene eseguita in ginocchio, seduti sui talloni (ZA REI), appoggiando le mani a terra con gli indici che si toccano e compiendo un inchino verso terra. Oppure viene eseguito in piedi (RITSU REI), assumendo una postura eretta e composta, compiendo, al comando, un piccolo inchino. I comandi relativi al saluto rituale, di solito, vengono dati dall’allievo più anziano di pratica, presente al momento nel Dojo. Ogni forma di saluto ha il suo significato. SHOMEN NI REI: È il saluto rivolto all’area d’onore del Dojo (la Kamiza), dove sono esposte le immagini dei fondatori dell’arte marziale praticata, al fine di esprimere loro rispetto e riconoscenza per aver tramandato l’importanza di lottare per un ideale superiore. SENSEI NI REI: questa espressione di saluto è rivolta al maestro o all’insegnante di turno, che guida la sessione di allenamento. OTAGAI NI REI: è il saluto tra gli allievi presenti, ma è anche il modo che ogni allievo ha per esprimere ai compagni il rispetto per la loro salute e la gratitudine per il loro indispensabile contributo alla sua formazione tecnica. L’inchino viene eseguito anche ogni volta che si entra o si esce dal Dojo, prima e dopo la pratica con un compagno, e alla fine della spiegazione di una tecnica chel’insegnante ha fatto, come ringraziamento per l’insegnamento ricevuto.

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IL DOJO
Il termine giapponese "DOJO" significa "spazio in cui un'arte marziale è praticata secondo i principi del Budo". Questa definizione non significa una normale struttura di allenamento sportivo, ma un luogo utilizzato solo per la pratica delle arti marziali, dove esiste un’atmosfera di particolare rispetto. Il termine “HONBU DOJO” identifica il Dojo Principale di una determinata disciplina marziale, ovvero il centro che fa da riferimento, per quella arte marziale, per tutti i Dojo di una regione, di una nazione o di tutto il mondo. L’accesso al Dojo è soggetto ad alcune regole, riassunte nel “DOJOKUN”, dove vengono elencati i principi essenziali del Budo. Ognuno dei quattro lati del Dojo ha un significato e una funzione: il lato “KAMIZA” è la parte d’onore, dove è affissa l’immagine del fondatore di quell’arte marziale e lo stemma che la rappresenta. Il lato KAMIZA è riservato al maestro supremo o all’insegnante designato dal maestro come suo sostituto. Sul lato opposto c’è il lato “SHIMOZA”, dove stanno gli allievi. A sinistra del lato KAMIZA c’è il lato JOSEKI, dove stanno gli assistenti e i SENPAI (gli studenti più anziani) ma anche gli spettatori di spicco, i quali possono sedersi al di fuori del tatami. L’area SHIMOSEKI (a destra della KAMIZA) è la parte dove possono stare i visitatori e gli spettatori, anche se non tutti i Dojo sono provvisti di quest’area. (Redatto: Josef Pfeifhofer)
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SENPAI, KOHAI e DOHAI

Nelle arti marziali giapponesi, come nei livelli gerarchici della società giapponese in generale, ci sono alcuni principi e regole riguardanti i ruoli e le posizioni degli studenti all’interno del gruppo. In questo contesto, viene fatta una distinzione tra SENPAI (il più vecchio), KOHAI (il più giovane) e DOHAI (la stessa età). Questi termini si riferiscono a quanto tempo un budoka ha avuto a che fare con la sua arte marziale, non con l'età o l'attuale livello tecnico. DOHAI è un termine usato per indicare gli studenti che hanno iniziato le arti marziali nello stesso periodo. Il compito del SENPAI è di promuovere e sostenere il KOHAI, ad esempio, spiegando i principi, dimostrando e migliorando le tecniche; il SENPAI ha una funzione di modello, e dev’essere una guida per il KOHAI, sulla via delle arti marziali. Il KOHAI, dal canto suo, deve contribuire a creare una piacevole atmosfera nel Dojo. Rispetto e fiducia sono gli elementi essenziali che devono dare forma al gruppo; tutti i praticanti sono rispettati e considerati di valore. 

(Redatto: Josef Pfeifhofer)

 

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MEDITAZIONE

Metodo di base

I metodi per praticare la meditazione sono molti. In questo testo si illustra uno di questi metodi che si rifà, per tanti aspetti, alla meditazione Zen, prelevando da essa numerosi particolari e attingendo spunti per personalizzare la propria meditazione. AMBIENTE DI MEDITAZIONE. L’ambiente per fare meditazione deve essere confortevole, ovvero né caldo né freddo, poco illuminato; è buono avere una musica lentissima di sottofondo e accendere un bastoncino di incenso, in modo da profumare il luogo della pratica. In sostanza, il corpo, la mente e lo spirito devono avere la possibilità di fondersi in un unico elemento, quindi si deve fare in modo che tutto partecipi a questo intento di rilassamento profondo. LE POSIZIONI. La meditazione si fa seduti. Si può sedersi su una sedia con schienale alto, facendo attenzione ad appoggiare bene la schiena allo schienale. I piedi devono essere ben appoggiati a terra, le gambe rilassate, leggermente aperte; le mani appoggiate sulle cosce. Questa posizione è comunque buona, adatta a persone di una certa età o che hanno problemi fisici di qualche genere nello stare seduti a terra.LA POSIZIONE CORRETTA. La posizione classica di meditazione è seduta a terra. Esistono due modi di sedersi a terra per praticare la meditazione e cioè ZAZEN o SEIZA. La posizione di ZAZEN consiste nell’assumere la POSIZIONE YOGA DEL LOTO o DEL MEZZO LOTO. L’alternativa a queste due posizioni, è la posizione “a gambe incrociate”. Questa posizione è sconsigliata per due motivi: il primo che si tende a piegare la schiena in avanti (incurvandosi) assumendo una postura non salutare e il secondo è che le ginocchia non sono a contatto con il terreno, e quindi si interrompe il circolo energetico. La posizione “a gambe incrociate” è da utilizzare se proprio non si riescono a fare le altre due posizioni (ZAZEN e SEIZA). La posizione forse più comoda, ma non per questo meno efficace, è la posizione di SEIZA (ginocchia a terra in avanti, seduti sui piedi) mettendo sotto al sedere un cuscino (FUTON) in modo da evitare la compressione della coscia sul polpaccio. Meglio del cuscino è la panchetta apposita per meditazione: ne esistono di varie strutture e, per chi ama lavorare il legno, è possibile costruirla facilmente da soli.

SISTEMARE LA POSIZIONE. Una volta seduti bisogna “sistemare” la posizione, oscillando a destra e a sinistra alcune volte, per poi fermarsi al centro, in posizione diritta, ovvero senza inclinazioni in avanti, in dietro e di lato. Fare attenzione che le spalle siano decontratte, allo stesso livello, non una più alta dell’altra. Questo può succedere specie se la muscolatura alta della schiena (trapezio) e contratta. LE MANI. Le mani possono essere appoggiate sulle cosce con il palmo sulla coscia oppure con il dorso sulla coscia, oppure ancora nella classica posizione di meditazione portandole al centro, all’altezza del 2° chakra, appoggiando le dita della mano sinistra sopra le dita della mano destra e 1

CONTINUA......... (redatto Tommaso Clemente) per leggere tutto scaricare il pdf

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ALLENAMENTO INTERIORE

 

LE TRE DIMENSIONI UMANE

 

Le arti marziali sono considerate, a tutti gli effetti, uno sport, ma questa definizione è chiaramente riduttiva, poiché il bagaglio culturale contenuto in esse si espande da sempre nella medicina, nella filosofia e nella spiritualità stessa dell’essere umano, attraverso il naturale rapporto UOMO-NATURA e l’altrettanto naturale relazione MENTE-CORPO che identificano la nostra vita. Proprio come la vita, anche l’arte marziale è in continuo cambiamento, obbligando il praticante a trovare soluzioni, ad adattarsi per sopravvivere, evitando di considerare tali cambiamenti come problemi, ma come opportunità per crescere, capire, migliorarsi, nonostante tutto. “A volte si vince, le altre volte si impara”, come dice un proverbio giapponese.   

 

Il primo passo per addentrarsi in questi concetti, è analizzare la struttura umana e le tre dimensioni che la compongono. La rappresentazione grafica che più di ogni altra esprime tale struttura è senz’altro la piramide.  

 

Osservando la figura si può notare che la dimensione fisica sta alla base, fa da supporto a tutto il resto. Noi siamo su questa terra con il nostro corpo fisico, assolutamente concreto, composto da un’impalcatura di sostegno (ossa e muscoli), da numerosi organi interni più un organo di rivestimento (la pelle) che fa da barriera tra noi e l’ambiente esterno. Il nostro corpo è una macchina perfetta che ci consente di muoverci e interagire con il mondo che ci circonda.  

 

Sopra alla dimensione fisica c’è la dimensione mentale, che contiene tutte le facoltà psichiche necessarie alla gestione del nostro corpo fisico. Sopra ancora, al vertice, c’è la dimensione spirituale, la quale, essendo appunto al vertice, oltre che “comandare” tutto ciò che sta sotto di lei, contiene la nostra essenza più intima e profonda.

 

La cosa interessante in questa raffigurazione è il fatto che la dimensione mentale, ponendosi al centro, fa da intermediario tra le altre due dimensioni, con il compito di dialogare con esse. La mente dialoga con il corpo, ricevendo e inviandogli informazioni, e la stessa cosa avviene con lo spirito. Esistono teorie che affermano che la “coscienza” non sia altro che il risultato di questi dialoghi che avvengono tra mente e corpo, e tra mente e spirito...........CONTINUA......... (redatto Tommaso Clemente) per leggere tutto scaricare il pdf

 

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Le fasi del processo di apprendimento marziale

 

Nelle arti marziali è molto importante, inizialmente, apprendere le basi in modo corretto, per poi svilupparle attraverso un costante allenamento, arrivando, in ultima analisi, ad implementare le conoscenze acquisite autonomamente.

Questo processo evolutivo si fonda sul principio tradizionale giapponese del SHU-HA-RI.

Nella prima fase, il budoka esegue le istruzioni del maestro (o dell'insegnante) come gli vengono trasmesse, limitandosi a copiare i movimenti per apprendere la tecnica e l’efficacia del metodo marziale in questione (SHU).

....... (redatto da Josef Pfeifhofer) per leggere tutto scaricare il documento pdf

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IL KIAI

 

 

 

"KIAI" è il grido che accompagna le azioni nelle arti marziali dell'Estremo Oriente - sostanzialmente azioni finali - e ha la funzione di aumentare l'emissione di energia e la concentrazione sulla rispettiva azione o tecnica, aumentandone l'efficacia.

....... (redatto da Josef Pfeifhofer) per leggere tutto scaricare il documento pdf

 

 

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